La Madonna del DonDal fronte all'ItaliaGli alpini in Russia    
         
   

La Madonna del Don

   
   

Ci sono due momenti significativi nella epopea delle Truppe Alpine, momenti che si ritrovano nella tradizione cantata e scritta degli Alpini e nella Adunate nazionali: la vita in trincea nella Grande Guerra, l'odissea nella steppa durante la Seconda guerra mondiale.

La Sezione Ana di Venezia, grazie ai suoi fondatori, ha nelle memorie della Prima guerra mondiale le sue radici storiche; grazie all'Indimenticabile padre Policarpo Narciso e agli alpini del Gruppo di Mestre, ha nel ricordo della campagna di Russia un ricorrente motivo di meditazione, da decenni: è la Festa della Madonna del Don a Mestre.

La festa è nata per volere di padre Corsara, cappellano militare insignito di due Croci dì Guerra al V.M., attorno ad un oggetto di per sé modesto ma di grandissimo valore spirituale: un icona della Vergine addolorata, il cuore trafitto dalle spade dei sette dolori ricordate nella tradizione popolare cristiana, le mani congiunte in preghiera, il volto mesto e soffuso di luce. L'icona fu donata da una donna ucraina, di religione cristiano-ortodossa, ai nostri soldati in prima linea nella guerra di Russia, perché la custodissero con venerazione e facessero cosi continuare il culto che da secoli le popolazioni ortodosse delle rive del Don le avevano tributato con fede e amore. La salvarono da un'isba in fiamme sul fronte russo gli Alpini del Battaglione Tirano.

È l'immagine di Maria "madre della Chiesa, garante per i peccatori, ricercatrice dei perduti" come la invocano i fedeli russi ortodossi. Davanti a questa icona, posta su un altarino da campo, bianco di neve e di gelo, tante "penne mozze" pregarono nel loro ultimo Natale. Ed è un'immagine tutta particolare, che ha visto grandi sofferenze, gli orrori della guerra, ma ha visto anche grandi momenti di amore. Il 26 gennaio 1943 ad un soldato russo, prigioniero e ferito che tentava di togliersi la vita col pugnale, p. Policarpo Crosara, ferito lui pure, gridò: "La Madre di Dio è anche madre tua! Perché ti uccidi?" Il giovane lasciò cadere l'arma, baciò il crocifisso che gli veniva presentato e mormorò: "Santissima Madre di Dio, salvaci!". "Sì - ripeté il cappellano militare - Santissima Madre di Dio salvaci!". Così, mentre infuriava la battaglia, si intrecciava l'invocazione di due cuori alla Madre di Dio, quello di un sacerdote cattolico ferito, quello di un giovane ortodosso morente.

È stato questo cappellano militare a conservare l'icona salvata dagli alpini del Battaglione Tirano e a farla giungere fortunosamente in Italia attraverso un alpino mandato in licenza. È stato questo cappellano militare, che partecipò poi con entusiasmo alla vita della Sezione veneziana dell'Ana, a fare di questa icona la viva testimonianza della fede purissima degli alpini, vissuta nelle trincee, nelle gelide ridotte del fronte, negli aspri combattimenti del Don.

Dopo la guerra la Madonna del Don peregrinò per l'Italia ricevendo ovunque un caldo omaggio di fede e devozione e infine approdò alla Chiesa dei Cappuccini a Mestre dove ora è venerata, e dove ogni anno settembre viene festeggiata dagli alpini di tutta la provincia veneziana . Eppure Mestre non è l'unica località in cui siano stati dedicati altari alla Madonna del Don. Negli 1984 e 1985, per esempio, due altari furono dedicati a Sampierdarena (Genova) e a Reggio Emilia, mentre una fedele riproduzione dell'Icona è contenuta in una terracotta dell'alpino e scultore Silvani Leopardi, collocata nella chiesetta degli Alpini al Terminillo a cura della Sezione romana delle Penne Nere.

Quella della Madonna del Don è una festa che è cresciuta d'importanza anno dopo anno, mantenendo l'originale aspetto religioso (dal 1976 ha anche una propria celebrazione liturgica) e militare, per il reverente omaggio ai Caduti, ma assumendo anche una dimensione culturale, con esibizione di Cori alpini e di fanfare. Di anno in anno è cresciuto il numero dei partecipanti, e la celebrazione della Messa che inizialmente si teneva nella Chiesa dei Cappuccini, si tiene ormai nella centrale Piazza Ferretto.

È una festa che ha acquisito con il tempo molti significati aggiuntivi a quelli del ricordo dei caduti e della venerazione di una sacra immagine: il richiamo al tema della pace, nel ricordo sempre vivo degli orrori e delle distruzioni della guerra, il richiamo all'ecumenismo, tensione presente nella Chiesa cattolica dall'apertura del Concilio Ecumenico Vaticano Il voluto da Giovanni XXIII. Proprio nel 1976 così invocava la Madonna del Don il Card. Giovanni Urbani, Patriarca di Venezia: "0 Vergine Santa, noi siamo qui a pregarti. Come siamo contenti che dalla lontana terra di Russia tu sia venuta in questa nostra cara Mestre, in quella bella chiesa dei Padri, figli di San Francesco... O cara Immagine, rimani qui tra noi, e sii richiamo e simbolo di quell'unità ecumenica cui noi aspiriamo ...".

Dal 1974, poi, vi è una speciale forma di partecipazione di tutte le sezioni dell'Ana alla Festa della Madonna del Don: a turno ogni anno una sezione dona l'olio per e lampade perpetue che ardono sull'altare dedicato alla Sacra Icona nella chiesa dei Cappuccini.

   

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